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Come in ogni edizione delle Esposizioni Universali, anche per quella del Sempione del 1906, gli organizzatori dovettero affrontare il problema del costo dei biglietti. 

Per visitare l’Expo di Milano, organizzata per celebrare l’apertura del traforo del Sempione che permetteva un rapido collegamento tra il Nord Italia e la Confederazione Elvetica, il costo del biglietto di entrata era di 2 lire, a cui andava sommato il costo di accesso ai diversi padiglioni e strutture, che si aggirava mediamente intorno ai 50 centesimi

Chi desiderava introdurre nel sito espositivo anche il proprio cane o portarsi una macchina fotografica, doveva pagare un supplemento al costo del biglietto di ingresso, ma probabilmente in queste due tipologie ricadevano ben pochi visitatori. 

Era disponibile anche un abbonamento, con costi diversi in base all’utilizzo in giorni festivi o feriali, per tutti coloro che avessero desiderato visitare l’Esposizione Internazionale in più giornate. Era infatti impossibile vistare tutte le gallerie e i padiglioni in un solo giorno, visto che si sarebbero dovuti percorrere ben 30 chilometri per compiere l’impresa. 

I costi dei biglietti per l’Esposizione del Sempione erano però proibitivi per la classe operaia milanese. Secondo un’indagine condotta dall’Ufficio del Lavoro della Società Umanitaria nel 1903, un po’ meno della metà degli operai maschi meneghini guadagnava da 1 a 2 lire al giorno. 

Per consentire anche alla classe lavoratrice di vedere l’Expo, si decise rapidamente di dimezzare il costo del biglietto di entrata, ma rimase comunque alto per gli standard dell’epoca. 

I portafogli dei visitatori dell’Esposizione di Milano venivano ulteriormente “alleggeriti” dalle spese del viaggio in treno. Durante una seduta alla Camera dei Deputati, il repubblicano Eugenio Chiesa sostenne che ai visitatori che viaggiavano in seconda e terza classe andasse applicata una riduzione del 75% sulle lunghe tratte, piuttosto che un’estensione della validità del “documento di viaggio”. 

Si decise poi che le comitive di almeno 10 persone e che dovevano percorrere in treno una distanza di 100 Km avevano diritto a uno sconto del 60% sul biglietto ferroviario valevole 15 giorni. 

A lungo si discusse poi se i bambini di statura inferiore al metro dovessero pagare o meno per visitare il sito espositivo. 

La questione dei costi divenne un argomento ampiamente dibattuto sulla stampa, a cui si aggiunse anche il giornale satirico milanese Guerin meschino, sul cui tema scriveva nel numero del 6 maggio 1906: "Al buon visitatore vien concesso di pagare una lira per l’ingresso / Per visitar il Toboga, dal taschino di togliersi è pregato un nichelino / Per veder l’Acquario chi non tira fuori del borsellino mezza lira? / Entrati nella Mostra, val la pena di pagar per entrare nell’Arena / Dal Parco a Piazza d’armi paga il viaggio e paga a entrar nell’african villaggio / E quando stanco di pagar, si siede capita quel che un palancon gli chiede". 

Nonostante tutto, le società operaie non rinunciarono a organizzare visite di gruppo per i propri iscritti: ben 500 società si attivarono e le “gite” si trasformarono in vere e proprie occasioni di svago e di “orgoglio campanilistico”. Per esempio, il 30 luglio giunsero da Monza 3mila operai, che crearono qualche problema agli organizzatori dell’Esposizione. 

Sul fronte della sicurezza, il Comitato organizzatore impiegava tantissimi addetti all’interno del sito espositivo: oltre a un migliaio di dipendenti pagati quotidianamente, per il controllo di Piazza d’Armi vi erano 200 guardie di città, 200 carabinieri, circa 30 vigili urbani e un reparto speciale di pompieri; per la sicurezza del Parco invece, venivano dispiegati 220 guardie di diversi corpi oltre ai vigili del fuoco e 24 agenti supplementari nel settore oreficeria, per prevenire eventuali furti. 

La Camera del Lavoro allestì un proprio ristorante “economico” all’interno dell’Expo, costruito dall’architetto Mazzocchi, per venire incontro ai visitatori meno abbienti. Il locale, gestito dai “compagni” Ettore Boriglioni e Luigi Codevilla, poteva soddisfare 2.500 clienti. Il ristorante era sempre molto frequentato, grazie ai prezzi contenuti e al buon servizio offerto. 

Il primo luglio, una domenica particolarmente affollata, vennero consumati un manzo, 7 vitelli, 17 fusti di birra, 32 ettolitri di vino e 12 quintali di pane, mentre l’8 settembre vennero serviti 9 vitelli, oltre 400 polli, 50 ettolitri di vino e 10 quintali di pane. 

Quindi, nonostante le numerose lamentele perché erano “troppi i luoghi nei quali occorre un supplemento al prezzo d’ingresso”, alla fine la voglia di evadere prevalse sui costi degli svaghi, grazie anche alla bella stagione e all’apertura serale, facendo fare “grandi affari nei ristoranti e a tutte le buvettes” e assicurando “un incasso ingentissimo durante l’intero periodo dell’Esposizione”, come scriveva Il Secolo nel numero del 16 maggio 1906.   

Fonte:

Patrizia Caccia, Milano, 28 aprile 1906: che la festa abbia inizio!, in Milano e l'Esposizione internazionale del 1906. La rappresentazione della modernità, a cura di P. Audenino, M. L. Betri, A. Gigli Marchetti, C. G. Lacaita, Franco Angeli, 2008.

 

Un biglietto di ingresso dell'Esposizione Internazionale di Milano tenutasi nel 1906. 

 

 

 

14/04/14
Categoria: Impresa e Istituzioni

Tipologia: Scenario nazionale

 
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