marzo 2017
Sindacale / Sicurezza sul lavoro
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Leggi decreti circolari
riferita ad una serie di lavoratori “pseudo-distaccati”, l’uso corretto dell’istituto sia riscontrabile con riferimento alla posizione di
uno o altri lavoratori, parimenti indicati nella comunicazione preventiva di distacco o comunque indicati come tali dal prestatore
di servizi straniero.
In merito alle fattispecie di distacco non autentico, si precisa altresì che le stesse possono ricomprendere o anche coin-
cidere con le note ipotesi di interposizione illecita di cui al Dlgs n. 276/2003 (appalto, distacco e somministrazione illeciti/non
genuini), ma non devono necessariamente identificarsi con quest’ultime. L’interposizione illecita, anche se spesso ricorrente,
costituisce infatti soltanto una delle ipotesi integranti la fattispecie di distacco transnazionale non autentico.
Ad esempio, potrebbe essere riscontrato un distacco fittizio, ma non l’interposizione illecita o l’appalto non genuino, lad-
dove l’operazione posta in essere risulti carente dell’elemento della transnazionalità e non invece dei requisiti di liceità richiesti
dall’art. 29, comma 1, Dlgs n. 276/2003 (si pensi a lavoratori “distaccati” che al momento dell’assunzione da parte dell’impresa
straniera già risiedono e lavorano nel luogo di svolgimento dell’attività in distacco).
La fattispecie sopra descritta può risultare, inoltre, dalla circostanza che l’azienda straniera che formalmente distacca i
lavoratori abbia costituito di fatto una filiale sul territorio nazionale sempre che il personale ispettivo, sulla base della rilevazione
degli indicatori di cui all’art. 3, riscontri un minimo di organizzazione di mezzi e/o di persone ovvero locali, uffici, reparti, sedi
operative/produttive, in ragione delle quali l’impresa eserciti e/o gestisca un’attività su base stabile e continuativa e possa di
conseguenza considerarsi stabilita in Italia. In tal caso, peraltro, l’azienda dovrà ottemperare agli obblighi previsti dalla legge ita-
liana per la tenuta dei documenti in materia di lavoro (artt. 39 e 40 del Dl n. 112/2008, conv. da L n. 133/2008).
Nelle suddette ipotesi, va comunque richiamata l’attenzione del personale ispettivo sulla necessità di verificare, sempre
nell’ambito della valutazione complessiva degli elementi sopra richiamati, se nella specie il singolo rapporto di lavoro presenti o
meno ulteriori o più stretti indici di collegamento con il paese in cui l’azienda distaccante ha la propria sede, con conseguente
applicazione, solo nel primo caso, della normativa dello Stato membro di provenienza (cfr. art. 8 reg. Ce n. 593/2008 “regola-
mento Roma I”).
5. Distacco non autentico: tutele per il lavoratore e regime sanzionatorio applicabile
Ai sensi dell’art. 3, comma 4, “nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il lavoratore è considerato a tutti gli
effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione”.
Ne consegue che nelle suddette ipotesi il personale ispettivo dovrà considerare il lavoratore come impiegato sul territo-
rio italiano dal soggetto distaccatario, applicando integralmente gli istituti e le tutele in materia di lavoro e legislazione sociale
previsti dalla normativa interna; l’operazione in tal modo posta in essere, infatti, deve ritenersi nulla ed il lavoratore non può
essere qualificato come lavoratore distaccato ai sensi del decreto n. 136. Ciò significa che laddove risulti dimostrata una fatti-
specie di pseudo distacco, il personale ispettivo dovrà applicare la disciplina italiana, riconducendo il rapporto di lavoro in capo
al distaccatario dal giorno di inizio dell’attività svolta in “pseudo distacco” (committente/utilizzatore); ai fini dell’imputazione pre-
videnziale del lavoratore alla gestione Inps va comunque tenuto presente che sarà necessario procedere al disconoscimento
del mod. A1.
Si segnala infatti che in tali casi, contraddistinti da operazioni riconducibili formalmente alla fattispecie del distacco
transnazionale, ma in realtà consistenti in mere pratiche di invio fraudolento di manodopera, non risulta possibile agire in via
automatica per l’applicazione della disciplina previdenziale nazionale con conseguente iscrizione del lavoratore all’Inps.
A tale scopo, occorre sempre attivare la specifica procedura di annullamento/disconoscimento del certificato A1, ai
sensi dell’art. 5 del regolamento 987/2009 (cfr. sentenza della Corte di giustizia del 10 febbraio 2000 causa C-202/97e deci-
sione A1 della commissione amministrativa del 12 giugno 2009).
In merito appare comunque opportuno, anche al fine di interrompere il decorso della prescrizione, quantificare nel
corpo del verbale di accertamento gli imponibili contributivi e determinare le sanzioni civili dovute (nella misura di cui alla circo-
lare Inps n. 49 del 16 marzo 2016 per l’ipotesi di evasione contributiva), con l’avvertenza che al loro recupero/irrogazione
provvederà l’Inps all’esito della procedura di disconoscimento che per economicità amministrativa dovrà essere curata dal
medesimo Istituto.
A tale scopo, quindi, risulta necessario assicurare la tempestiva trasmissione del verbale ispettivo alle competenti strut-
ture Inps.
In altri termini, per quanto attiene al profilo previdenziale gli effetti attribuiti al certificato risultano comunque vincolanti, nei
confronti delle istituzioni e delle autorità competenti ad effettuare attività di vigilanza, anche qualora queste ultime abbiano