marzo 2017
La finalità primaria perseguita dal legislatore comunitario con l’emanazione della direttiva 2014/67 (cosiddetto
enforce-
ment
) è stata quella di migliorare ed uniformare l’applicazione della direttiva n. 96/71 (cosiddetta direttiva madre), superando le
difficoltà oggettive rincontrate nei diversi Stati membri in ordine alla prevenzione e al contrasto delle pratiche di
dumping
sociale
e di utilizzo abusivo ed elusivo dell’istituto del distacco transnazionale.
In tale ottica “antielusiva”, sono state introdotte nell’ordinamento interno le disposizioni di recepimento di cui al decreto n.
136/2016, con l’obiettivo precipuo di impedire e contrastare, anche mediante una attività di vigilanza mirata ed efficace, la possi-
bile gamma di pratiche illegali poste in essere da quelle imprese che traggono indebito o fraudolento vantaggio dalla libera pre-
stazione di servizi sancita dall’art. 56 Tfue.
Il nuovo quadro normativo consente, altresì, di superare le più rilevanti problematiche emerse in fase di controllo ispetti-
vo, afferenti in particolare alla mancata tracciabilità del fenomeno, atteso che sotto la previgente disciplina non era prevista alcu-
na forma di monitoraggio in ordine alle aziende e ai lavoratori coinvolti, né tantomeno specifici adempimenti in capo alle suddet-
te aziende.
Il processo di trasposizione della direttiva 67, in una prospettiva di massima semplificazione, ha costituito inoltre l’occa-
sione per racchiudere in un unico testo legislativo la disciplina applicabile alle fattispecie di distacco transnazionale di lavoratori:
l’art. 26 del decreto in esame ha, infatti, sancito l’abrogazione espressa delle disposizioni di cui al Dlgs n. 72/2000, attuative
della direttiva 96/71/Ce, le quali sono confluite con parziali modificazioni nel corpo del medesimo decreto n. 136.
In relazione a quanto sopra, al fine di assicurare un uniforme svolgimento dell’attività di vigilanza, appare opportuno rie-
pilogare, d’intesa con l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il nuovo quadro giuridico e fornire le
necessarie indicazioni di carattere operativo per una corretta applicazione del regime sanzionatorio ivi contenuto.
1. Campo di applicazione
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del decreto, che riproduce sostanzialmente l’art. 1, comma 1, Dlgs n. 72/2000, la disciplina
in esame trova applicazione nei confronti delle imprese stabilite in un altro Stato membro dell’Unione europea che, nell’ambito
di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un’altra impresa, anche se appartenente allo
stesso gruppo, o in favore di un’altra unità produttiva o di un altro destinatario, a condizione che durante il periodo di distacco
continui a sussistere un rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l’impresa distaccante.
In proposito si precisa che, ai sensi del successivo art. 2, comma 1 lett. d), per lavoratore distaccato deve intendersi “il
lavoratore abitualmente occupato in un altro stato membro che per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con
riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia”.
La normativa richiamata contempla dunque, come la previgente disposizione, tre diverse ipotesi di distacco temporaneo
di lavoratori:
• da parte di un’azienda avente sede in un diverso stato membro presso una propria filiale situata in Italia;
• da parte di un’azienda avente sede in un diverso stato membro presso un’azienda italiana appartenente al medesimo gruppo
di impresa (c.d. distacco infragruppo);
• nell’ambito di un contratto di natura commerciale (appalto di opera o di servizi, trasporto ecc.), stipulato con un committente
(impresa o altro destinatario) avente sede legale o operativa nel territorio italiano.
Il decreto in esame trova applicazione anche nei confronti delle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in un altro
stato membro che distaccano lavoratori presso una impresa utilizzatrice avente la propria sede o unità produttiva in Italia (art. 1,
comma 2). Al riguardo si ricorda che l’autorizzazione prevista dall’art. 4, Dlgs n. 276/2003, per svolgere legittimamente l’attività
di somministrazione nel nostro paese, non viene richiesta alle agenzie stabilite in uno stato membro diverso dall’Italia, qualora
quest’ultime dimostrino di operare in forza di un provvedimento amministrativo equivalente, ove contemplato dalla legislazione
dello Stato di appartenenza (art. 1, comma 3; cfr. ML circ. n. 14/2015).
La normativa in analisi, invece, non si applica nei confronti del personale navigante delle imprese della marina mercanti-
le (art. 1, comma 6).
Va segnalato, infine, che rientrano nel campo di applicazione del decreto, come del resto già previsto dal Dlgs n.
72/2000, anche le ipotesi di distacco di cui all’art. 1, comma 1, posto in essere da imprese stabilite in uno stato terzo/extra Ue
(ad es. art. 27, comma 1, lett. i, Dlgs n. 286/1998) sempre che le medesime fattispecie non risultino disciplinate da leggi speciali
(ad es. direttiva 2014/66/Ue relativa ai trasferimenti intrasocietari di dirigenti e lavoratori altamente qualificati operati da imprese
aventi sede in paesi extra Ue).
Sindacale / Sicurezza sul lavoro
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